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sabato, Maggio 18, 2024
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Opi: “Sostenere gli operatori sanitari nell’era dell’aggressività verso la persona e la professionalità”

Trenta milioni di euro spesi dallo Stato per le aggressioni agli operatori sanitari. Oggi più che mai la relazione tra paziente ed infermiere diventa snodo cruciale. L’89% degli infermieri ha ricevuto quantomeno una minaccia, non solo verbale. Con conseguenti danni fisici e morali. Un operatore su due è interessato. I motivi? La carenza ormai atavica di personale, le false notizie sui servizi sanitari non all’altezza e l’aspetto psicologico del parente/paziente/cittadino. Senza parlare dei tempi di attesa, delle mancate risposte, della malasanità.

Di questo ha voluto discutere ancora una volta l’Opi di Cosenza. Il presidente, Fausto Sposato, ha chiamato a raccolta tutti gli iscritti per fare il punto e capire come muoversi, dove andare, cosa fare. “Sostenere gli operatori sanitari nell’era dell’aggressività verso la persona e la professionalità”, questo il titolo scelto per l’evento pubblico. Sono intervenuti I responsabili scientifici Angela Greco, coordinatore infermieristico dell’Uoc Nefrologia, dialisi e Trapianto e Adriana Imbrogno dell’Uoc Radiologia dell’Ao di Cosenza.

“La violenza nei confronti degli operatori sanitari – è emerso durante l’incontro – comprende atti, abusi che pongono in situazione di disagio a volte anche grave il benessere e la dignità della persona, del professionista. La violenza si manifesta in forma sia verbale sia fisica con rispettive conseguenze anche psicologiche. Spesso le aggressioni non vengono denunciate perché ormai considerate parte integrante del lavoro e per timore che l’episodio sia giudicato come indicatore di scarsa performance. E le conseguenze sono enormi sia sotto il profilo professionale che privato”.

“Come comunicare con empatia: decodificare, rilevare e gestire una richiesta d’aiuto” è il primo step con cui Angela Piattelli ha discusso pubblicamente. “Occorre investire nella comunicazione – ha spiegato – creare percorsi formativi ad hoc e soffermarsi sulla cosiddetta prosmetica cioè la giusta distanza sociale”.

“La violenza sugli operatori è un problema di rischio clinico?”, è il secondo passaggio discusso invece da Maria Addolorata Vantaggiato. “Il rapporto di alleanza tra operatori e pazienti – ha affermato – deve essere il nuovo obiettivo. Tolleranza zero, facendo capire al malato che gli operatori sono lì per aiutare”.

Infine “la prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari e socio-sanitari: possibili linee di indirizzo” discusso da Ubaldo Comite. “Da eroi – ha sottolineato – si è passati a carnefici, ecco perché occorre adesso una presa di coscienza ed una maggiore tutela”.

In seguito, spazio alla “tavola rotonda” e alla discussione, moderata da Francesco Mannarino, con gli interventi dei giornalisti Arcangelo Badolati e Attilio Sabato. Il primo si è soffermato sulla “medicina difensiva” e sull’evidente corto circuito tra le parti. Ripensando alle proprie radici. Sabato, ha circoscritto il problema al “ricatto morale” con l’utilizzo maldestro dei social. “C’è molto da fare ancora. Ma la strada tracciata dall’Opi sembra andare finalmente nella giusta direzione”.

“L’obiettivo fondamentale – hanno detto gli organizzatori – è stato quello di portare all’attenzione i diversi aspetti dell’argomento in questione: rafforzare la prevenzione, individuando le principali aree di rischio in cui i volumi di attività sono tali da trasformarsi in terreno fertile per le aggressioni”.

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